Da ieri il Myanmar può ritenersi – speriamo e salvo ultimi colpi di coda – un Paese libero dalla rigida dittatura militare che lo opprime da più di quarant’anni, e sarà guidato da una donna piccola e minuta ma con una forza straordinaria che ha passato anni e anni agli arresti domiciliari – le fu negato anche il permesso di assistere al funerale del suo amato marito inglese. Sto parlando di Aung San Suu Kyi che ha fatto della lotta per la libertà del Myanmar una ragione di vita, dedicando a questa causa tutta la sua vita, aggiudicandosi anche il Premio Nobel per la Pace nel 1991 – Premio che lei non potè ritirare e fu consegnato al figlio.
Tanto per darvi l’idea di come sia questa Donna – sì, con la D maiuscola – usò i soldi del Premio per approntare un sistema sanitario ed educativo nel suo Paese.
(foto da web)
Se siete interessati a capire e conoscere la sua storia vi consiglio la lettura dei suoi libri “Libera dalla paura” edito da Sperling & Kupfer (1996) e “La mia Birmania” edito da TEA (2010).
Per lei sono state scritte canzoni, una su tutte “Walk on” degli U2. Dalla sua vita è stato tratto il film “The Lady – l’amore per la libertà” di Luc Besson – di cui consiglio vivamente la visione.
Io questo Paese ho avuto la fortuna di visitarlo nel lontano 1999.
In quell’occasione per la prima volta sentii parlare di lei, della situazione della Birmania e, ad essere sincera, per la prima volta fui combattuta da un “problema” etico: visitare o no un Paese controllato da un rigido e spietato regime militare? Feci della valutazioni, misi nel “piatto” i pro e i contro e alla fine la decisione di andarci si rivelò – a mio avviso – la più giusta. Perchè in quegli anni nessuno sapeva nulla di questo Paese, nulla sulla dittatura; i turisti erano davvero pochi. Al mio ritorno potei parlare e nel mio piccolo far conoscere la situazione che là si viveva. Non senza difficoltà sono riuscita a parlare con la gente del posto, sono riuscita a farmi portare ad uno spettacolo dei fratelli Moustache, più volte incarcerati dal regime per..aver raccontato barzellette sui generali. Ancora ricordo quella scena: uno scantinato minuscolo, le nostre guide che si rifiutavano di portarci perchè il luogo era “controllato”, delle semplici sedie di plastica e appena seduti uno dei fratelli che da un angolo nascosto tira fuori un ritratto di Aung Sun Suu Ky: solo quello sarebbe bastato per farli incarcerare. Abbiamo assistito allo spettacolo, abbiamo applaudito più al loro coraggio che alle loro scenette di cui poco capivamo 😉
Ho conosciuto un Paese che mi ha colpito il cuore, i sorrisi delle persone, la loro dolcezza, la loro voglia di comunicare sono dei segni che mi porto dentro. E come sempre i bambini occupano un posto particolare
Ricordo ancora i visi sorridenti delle donne nelle risaie cosparsi della polvere di thanakha – una pasta cosmetica naturale usata soprattutto come filtro solare
Impossibile dimenticare le donne con i loro copricapi coloratissimi ed in bocca i cheerots – sigari birmani
Immagini indelebili restano i giovani monaci belli e fieri in fila per una ciotola di riso
Le preghiere presso la Pagoda Shwedagon e le ore passate al suo interno, un’oasi di pace e di speranza
Ecco..tutto questo mi porto nel cuore e da oggi con un peso in meno: il Myanmar si avvia verso la democrazia e spero verso un futuro migliore.
Un estratto della canzone “Walk on” dice:
“Tutto ciò che hai creato
Tutto ciò che hai fatto
Tutto ciò che hai costruito
Tutto ciò che hai rotto
Tutto quello che hai affrontato
Tutto quello che hai provato
Tutto questo puoi lasciartelo alle spalle
Tutto ciò che hai razionalizzato
Tutto ciò di cui ti sei preso cura
È solo questione di tempo”
E finalmente “quel tempo” è arrivato: per Aung Sun Suu Ky e per il popolo birmano. #freeburma