L’arte di ascoltare i battiti del cuore

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L’ARTE DI ASCOLTARE I BATTITI DEL CUORE di Jan-Philipp Sendker Ed. Neri Pozza 2009

“…Si rese conto che dai battiti del cuore non sarebbe mai ruscito a capire se stava camminando per una strada cinese o indiana, o se si trovava fra inglesi o birmani. I battiti cambiavano da persona a persona, svelando la vecchiaia o la giovinezza, la gioia, il dolore, la paura o il coraggio, ma fra le razze e e le nazionalità non c’erano differenze”.

Non lasciatevi ingannare dal titolo: la storia che ci racconta Sendker non è una sdolcinata storia d’amore. E’ un viaggio nell’anima e nelle tradizioni di una terra e del suo popolo ancora “puri”, un incontro fra due culture all’apparenza così lontane ma che trovano un punto d’incontro.

 

A Kalaw, una tranquilla città annidata tra le montagne birmane, vi è una piccola casa da tè dall’aspetto modesto, che un ricco viaggiatore occidentale non esiterebbe a giudicare miserabile. Il caldo poi è soffocante, così come gli sguardi degli avventori che scrutano ogni volto a loro poco familiare con fare indagatorio. Julia Win, giovane newyorchese appena sbarcata a Kalaw, se ne tornerebbe volentieri in America, se un compito ineludibile non la trattenesse lì, in quella piccola sala da tè birmana. Suo padre è scomparso. La polizia ha fatto le sue indagini e tratto le sue conclusioni. Tin Win, arrivato negli Stati Uniti dalla Birmania con un visto concesso per motivi di studio nel 1942, diventato cittadino americano nel 1959 e poi avvocato newyorchese di grido… un uomo sicuramente dalla doppia vita se le sue tracce si perdono nella capitale del vizio, a Bangkok. L’atroce sospetto che una simile ricostruzione della vita di suo padre potesse in qualche modo corrispondere al vero si è fatto strada nella mente e nel cuore di Julia fino al giorno in cui sua madre, riordinando la soffitta, non ha trovato una lettera di suo padre. La lettera era indirizzata a una certa Mi Mi residente a Kalaw, in Birmania, e cominciava con queste struggenti parole: “Mia amata Mi Mi, sono passati cinquemilaottocentosessantaquattro giorni da quando ho sentito battere il tuo cuore per l’ultima volta”.

 

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